Greenpeace, l’Amazzonia divorata dagli allevamenti, causa della deforestazione

Ogni volta che un piatto di carne arriva sulla nostra tavola potremmo distruggere un albero della Foresta Amazzonica, contribuendo alla sua scomparsa: esiste un fil rouge che collega gli allevamenti alla deforestazione e non è più possibile ignorarlo.  In occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, Greenpeace lancia il rapporto ‘Foreste al macello II’, che svela il legame nascosto tra questi due drammatici fenomeni.  Il dossier esamina le attività dell’azienda agricola Paredão, che si è insediata all’interno del parco statale Ricardo Franco, nel Mato Grosso, quando era già stata istituita l’area protetta e che, secondo quanto rilevato da un’indagine dell’organizzazione, sposterebbe i capi allevati fuori dal parco prima di venderli, in modo da nascondere il legame con le aree deforestate illegalmente.

Il parco statale Ricardo Franco, istituito nel 1997, copre un’area di 158 mila ettari (una superficie superiore all’estensione della città di Roma) e si trova al confine tra il Brasile (stato del Mato Grosso) e la Bolivia, dove si incontrano l’Amazzonia, il Cerrado, la savana più ricca di biodiversità del Pianeta e il Pantanal, la più grande zona umida del mondo. Si tratta quindi di un’area che ospita una biodiversità eccezionale che include 472 specie di uccelli e numerosi mammiferi in via di estinzione, come il formichiere gigante.

Nonostante la sua importanza, il parco non è mai stato soggetto a regolamentazione e così in breve tempo il 71% è stato occupato da oltre 137 aziende agricole, che hanno creato pascoli a scapito della foresta. In Italia tra aprile 2018 e giugno 2019, sono arrivate così oltre 2000 tonnellate di carne, destinate a grossisti. Un vero dramma nascosto.

Per garantire che i cittadini europei non siano complici inconsapevoli della distruzione di foreste fondamentali per il Pianeta, come l’Amazzonia, Greenpeace chiede alla Commissione europea di presentare rapidamente una normativa che chiarisca ogni aspetto. Martina Borghi, responsabile Greenpeace Italia ha fatto sapere:

“Sfortunatamente, ciò che accade nel parco Ricardo Franco non è un caso isolato: situazioni simili sono comuni in molte aree dell’Amazzonia brasiliana. Impossibile al momento per chi acquista capi o carne da questa terra garantire una filiera priva di deforestazione e accaparramento delle terre”.

fonte:greenstyle.it